HOTEL UMBRIA ORVIETO

I vini di Orvieto

 

Si narra che furono gli Etruschi, nella notte dei tempi, a scavare le prime grotte di tufo per farne delle cantine. La città è talmente legata a questo vino, da avergli dato il proprio nome. I vitigni principali che concorrono a produrre l’Orvieto sono il Trebbiano toscano, detto anche Procanico, a cui si affianca il Grechetto per un minimo del 60%, nel restante 40% possono essere impiegati i vitigni bianchi consentiti in Umbria e nelle provincia di Viterbo.
Nel Medioevo e nel Rinascimento fu uno dei vini preferiti dalla Corte pontificia (Paolo III Farnese ne era particolarmente ghiotto, Gregorio XVI volle che il suo corpo fosse lavato con questo vino prima di essere inumato); fu lodato da poeti, artisti e uomini insigni, tra cui il Pinturicchio, il quale, quando dipinse in Orvieto, pretese per contratto che gli fornissero ‘tanto vino quanto fosse riuscito a berne’. Addirittura il vino ha avuto un ruolo significativo nella costruzione del Duomo di Orvieto: tra il 1347 e il 1349, i Maestri che lavoravano nella cava di Monte Piso per estrarre e sbozzare la pietra di travertino ne acquistavano periodicamente delle quantità, insieme alle ciotole e panatelle per berlo; ma ricordi più clamorosi sono quelli dei ‘rumori’ sollevati ad Orvieto come in altre città dalle maestranze per averne gratis delle quantità.
Gli orari di lavoro infine prevedevano delle soste a metà mattina e a metà pomeriggio destinate alle bevute del ‘mistu’ forse acqua e vino. Oggi predomina la versione secca, ma continua la tradizione della produzione di Orvieto abboccato, amabile e dolce. Alcuni produttori della zona classica ne elaborano eccellenti versioni da uve sovramature attaccate dalla muffa nobile, la Botrytis cinerea, che gli conferisce caratteri unici di concentrazione ed eleganza.
Nelle mattinate di autunno, generalmente, si forma una fitta nebbia che favorisce lo sviluppo sui grappoli di questa muffa particolare che si nutre dell’acqua contenuta nella polpa degli acini e che dilata i pori della buccia senza romperla, provocando così l’evaporazione quando i grappoli si riscaldano ai raggi del sole. I mosti che si ottengono sono quindi molto zuccherini, ricchi di glicerina che conferisce al vino una particolare ‘untuosità’, con concentrazione di tutti i componenti aromatici.